Nonostante la
grande diffusione che ha fatto registrare in questi ultimi anni il
Karate non è stato ancora pienamente compreso ne valutato per
quella straordinaria potenzialità formativa, sul piano spirituale,
che racchiude nei fondamenti ideologici sui quali si basa.
L'opinione corrente continua a ritenere il karate un'attività
violenta e prevaricatrice giustificando la sua diffusione come una
logica conseguenza di un'epoca sempre più povera di valori
spirituali e sempre più dominata dalla sopraffazione. E',
soprattutto per queste scoraggianti constatazioni di fondo che
desidero esporre un pensiero di origine morale nell'intento di far
comprendere quale debba essere il sostrato ideologico con cui
affrontare il Karate-Do, la "Via del Karate", per farle
acquisire un valore più alto di quello meramente Ginnico - Sportivo
e conseguire, attraverso di essa, un miglioramento di se stessi
altrimenti non raggiungibile.
Il punto di partenza deve essere la considerazione che, per quanto
avanzato sia il grado di civiltà, tutti gli uomini sono largamente
imperfetti e per valutare quanto grande sia il margine di
perfettibilità consentita all'uomo basta pensare ai progressi
compiuti, nel corso dei secoli, dall'umanità nel miglioramento
della propria condizione sociale.
Ognuno di noi, pertanto, dovrebbe avere piena coscienza di questa
sua incessante possibilità di divenire migliore mediante la ricerca
di una perfettibilità che può essere continuo motivo di tormento e
di soddisfazione nel medesimo tempo: tormento per ciò che non si è
e soddisfazione per ciò che si è riusciti ad essere. Tutta la
nostra esistenza deve, quindi, essere animata da una costante
aspirazione a raggiungere un punto di perfezione più alto senza,
tuttavia, finalizzare questo sforzo al conseguimento di un risultato
massimo immediato quanto piuttosto individuando una gradualità di
momenti in ognuno dei quali si verifichi non solo la propria
condizione ma anche, soprattutto, le cause della propria
imperfezione.
La comprensione dello sforzo verso un livello esistenziale sempre più
alto è di per se stessa una forma di equilibrio ed una garanzia di
forza, di sicurezza, di autocontrollo e di grande beneficio per il
corpo e per lo spirito. Tutto questo avrà un sapore ideologicamente
diverso se gli sforzi compiuti ed i risultati raggiunti non saranno
considerati nei limiti ristretti del proprio ambito personale ma
utilizzati quotidianamente per dare un'indicazione agli altri circa
la coscienza che la propria dimensione spirituale, per quanto
limitata, possa dilatarsi sul piano sociale nella misura in cui
cerca nel prossimo un punto di riferimento nel quale realizzarsi.
E' osservazione corrente, rilevare come, ai giorni nostri, vi sia
una larghissima parte di uomini che affermano di aver compiuto atti,
ricerche o esperienze ad essi, nella realtà, del tutto sconosciuti.
Si comportano così perché, impressionando con le parole,
nascondono la loro sostanziale povertà spirituale di cui potremmo
anche dolerci se non dovessimo constatare che la generalizzata
mancanza di senso critico, la scarsa volontà di approfondire le
apparenze ed un crescente disimpegno culturale consentono loro di
affermarsi progressivamente raggiungendo risultati che assolutamente
non meriterebbero.
E' a questo tipo di uomo che dobbiamo cercare di contrapporre una
personalità che, pur cosciente dei propri limiti e pur pienamente
convinta di non poter attingere la perfezione, si sforza ogni giorno
di correggere i propri errori con pazienza e con umiltà.
Questo tipo di uomo deve costituire il nostro modello
comportamentale e non solo per una forma di nostro, personale,
arricchimento ma dare un contributo concreto a modificare dal di
dentro una società che sembra privilegiare sempre di più chi non
merita. E' necessario, in altri termini, essere uomini che sappiano
dimostrare con i fatti le proprie capacità mettendo a frutto gli
sforzi compiuti per acquisire conoscenze utili a sé stessi ed agli
altri.
Importante, ed addirittura pregiudiziale, è avere la convinzione
che la ricerca della perfezione nella coscienza della propria
perfettibilità è possibile solamente quando il proprio livello
culturale, inteso come senso spirituale e non certo nozionistico del
termine, è mantenuto alto.
Mantenere alto il proprio livello significa, soprattutto,
ripercorrere continuamente il cammino intrapreso rivivendo sempre i
vari momenti, i diversi gradi, le necessarie esperienze
progressivamente vissute. La ricerca di un vertice sempre più alto
non farà diminuire, in questo modo, l'estensione della base di
quella piramide con cui si può configurare la vita e la solidità
della base è premessa di analoga forza della sommità: un punto
estremo di cui si conosce l'esistenza ma che non si sa quanto alto
possa essere. Sono queste le fondamenta ideologiche con cui affronto
l'allenamento pienamente convinto, come sono, che esso rappresenti
la visualizzazione di concetti interiori dai quali tutte le tecniche
traggono un valore infinitamente più alto.
Io spero che chi seguirà il
mio manuale non perda mai di vista questa introduzione: in caso
contrario farà solo dell'ottima ginnastica.
Hiroshi
Shirai
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